Letture non semplici, questa domenica. Forse conviene partire dal brano del vangelo di Matteo che, al suo interno, contiene riflessioni diverse, iniziando da una domanda che sembra ingenua ma non lo è: “chi è più grande nel regno dei cieli”. Chissà se ci sarà davvero anche lì una graduatoria; comunque, Gesù va subito al punto. Per entrare certamente ci sono delle condizioni. Anzi, una sola: essere come bambini, cioè disposti a una fiducia totale, a una semplicità disarmante, e dunque a una apertura al mistero. Difficile, da adulti: ai quali, non a caso, è chiesta una conversione.
E su questo, però, l’attenzione di Gesù si sposta a un altro tema, che coincide con il primo lungo racconto dei Maccabei: quello della ‘testimonianza’. Eleazaro potrebbe in effetti aggirare l’ostacolo del cibo proibito, ma sceglie consapevolmente la morte per non “scandalizzare” i giovani con un atteggiamento ambiguo. Così il brano di Matteo: guai a chi “scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me”, perché -bellissima immagine- “i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli”. Gesù non è ingenuo: “È inevitabile che vengano scandali, ma guai all’uomo a causa del quale viene lo scandalo”. Meglio essere duri – molto duri!- con se stessi.
San Paolo, come sempre, cerca di spiegare ai suoi convertiti -e oggi a noi- che la vita non è facile, e che seguire la Parola di Gesù -anche quella che abbiamo appena commentato- costa parecchio. E lo fa secondo il pensiero ‘greco’: siamo come ‘costretti’ nel nostro corpo mortale, che ci pare talora essere veramente “un peso”. E siamo “tribolati”. Tuttavia, “Dio ci ha dato la caparra dello Spirito” che ci consente di non fissare “lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne”. Il che ci permettere di vivere ugualmente “pieni di fiducia”: perchè il nostro destino sarà “abitare presso il Signore”.
Lettura del secondo libro dei Maccabei (6, 1-2. 18-28)
Il re inviò un vecchio ateniese per costringere i Giudei ad allontanarsi dalle leggi dei padri e a non governarsi più secondo le leggi di Dio… profanare il tempio di Gerusalemme e dedicare questo a Giove Olimpio e quello sul Garizìm a Giove Ospitale, come si confaceva agli abitanti del luogo. Un tale Eleàzaro, uno degli scribi più stimati, uomo già avanti negli anni e molto dignitoso nell’aspetto della persona, veniva costretto ad aprire la bocca e a ingoiare carne suina. Ma egli, preferendo una morte gloriosa a una vita ignominiosa, s’incamminò volontariamente al supplizio, sputando il boccone… Quelli che erano incaricati dell’illecito banchetto sacrificale, in nome della familiarità di antica data che avevano con quest’uomo, lo pregarono di prendere la carne di cui era lecito cibarsi, preparata da lui stesso, e fingere di mangiare le carni sacrificate imposte dal re, perché, agendo a questo modo, sarebbe sfuggito alla morte e avrebbe trovato umanità in nome dell’antica amicizia che aveva con loro. Ma egli… rispose subito dicendo che lo mandassero pure alla morte. «Poiché non è affatto degno della nostra età fingere, con il pericolo che molti giovani, pensando che a novant’anni Eleàzaro sia passato alle usanze straniere, a loro volta, per colpa della mia finzione, per appena un po’ più di vita si perdano per causa mia e io procuri così disonore e macchia alla mia vecchiaia… Perciò, abbandonando ora da forte questa vita, mi mostrerò degno della mia età e lascerò ai giovani un nobile esempio, perché sappiano affrontare la morte prontamente e nobilmente per le sante e venerande leggi». Dette queste parole, si avviò prontamente al supplizio.
Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 4, 17 – 5, 10)
Fratelli, il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria: noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne. Sappiamo infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli… In realtà quanti siamo in questa tenda sospiriamo come sotto un peso, perché non vogliamo essere spogliati ma rivestiti, affinché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. E chi ci ha fatti proprio per questo è Dio, che ci ha dato la caparra dello Spirito. Dunque, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo – camminiamo infatti nella fede e non nella visione –, siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore. Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi. Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male.
Lettura del Vangelo secondo Matteo (18, 1-10)
I discepoli si avvicinarono al Signore Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?». Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me. Chi invece scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che vengano scandali, ma guai all’uomo a causa del quale viene lo scandalo! Se la tua mano o il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, anziché con due mani o due piedi essere gettato nel fuoco eterno. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna del fuoco. Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli».
Preghiere dei fedeli della Comunità di Santa Croce
Se non vi convertirete e non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli.
La tua grazia, Signore guidi la Chiesa nell’annunciare e vivere il vangelo con trasparenza e semplicità, perché anche i più piccoli e sprovveduti si sentano degni di meritare il tuo amore. Per questo ti preghiamo… Ascoltaci, Padre buono!
Il momentaneo leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria
Signore, nel suo operare, la nostra Comunità non senta la fatica o lo scoraggiamento, e non cerchi di misurare l’effetto della tua Parola con i nostri criteri umani, ma sappia andare avanti nella certezza che il tuo Spirito non ci lascia mai soli. Per questo ti preghiamo… Ascoltaci, Padre buono!
Nella tua legge, Signore, è tutta la mia gioia.
Di fronte ai mali che attanagliano il nostro cuore spesso ci sentiamo perduti, eppure tu, Signore, non ti stanchi mai di chiamarci. Aiutaci ad avere un cuore aperto ad accogliere il dono della tua presenza. Per questo ti preghiamo… Ascoltaci, Padre buono!
È inevitabile che vengano gli scandali, ma guai all’uomo a causa del quale viene lo scandalo.
Il Signore conosce bene il cuore dell’uomo e la storia dell’umanità. La parola scandalo significa ostacolo, o inciampo: e vediamo tutti i giorni quanti ostacoli vengono messi alla verità, al bene comune, alla dignità delle persone, alla pace. Gesù lo dice chiaro: ci sono delle responsabilità da parte di chi agisce, ma anche delle corresponsabilità per chi non difende questi valori per indifferenza o per convenienza. Perché questo richiamo ci faccia riflettere, con forza ti preghiamo…Ascoltaci, Padre buono!