Questa volta, le letture ci fanno riflettere su un problema attuale: la persistenza del ‘male’, e il rimedio possibile. Su questo sono tornati questi giorni il Papa e anche il nostro Vescovo.
La prima lettura e il vangelo parlano, infatti, di due delle possibili piaghe dell’oggi e di sempre. Il Libro dei Re mette in scena l’arroganza di un potere politico ed economico in cui chi comanda detta le regole, impone nefandezze, agisce usando insieme calunnia e violenza.
Da parte sua, nel vangelo di Luca Gesù ricorre alla notissima parabola di Lazzaro e dell’ignoto “ricco epulone” per avvertire che l’abitudine all’agiatezza rende ‘ciechi’ alle gravi difficoltà anche di chi ci sta vicino. L’epulone si accorgerà di Lazzaro solo quando avrà bisogno di chiedergli qualcosa…
Colpisce, in entrambi i testi, la presenza tangibile di Dio che tutto conosce, fino nei minimi dettagli. E tuttavia non interviene magicamente dall’alto, né per soccorrere il povero Nabot, né per suggerire all’epulone di cambiare il suo sguardo. Dio, infatti, non è quell’Essere onnipotente che continuamente interverrebbe nel bene -e nel male- gestendo dall’alto le vicende di questo mondo. Non è così perché abbiamo la nostra libertà, e quindi anche delle responsabilità di cui tutti dovremo rendere conto alla fine.
Nel bellissimo testo della lettera ai Romani, Paolo si inserisce esattamente in questo spazio libertà/responsabilità per illuminare in modo straordinariamente suggestivo “come” contrastare il ‘male’, come prevenirlo e, se necessario, combatterlo.
Un promemoria da tener fisso davanti ai nostri occhi: personalmente, come comunità di fede, ma anche come comunità civile. Speranza, costanza, perseveranza sono dati di fede che però devono concretizzarsi in una umiltà che sola può creare fraternità vera, condivisione nella gioia e nel dolore, capacità di perdono e apertura verso tutti. La vera base che consente di “vivere in pace con tutti”.
Lettura del primo libro dei Re (21, 1-19)
Nabot di Izreèl possedeva una vigna che era a Izreèl, vicino al palazzo di Acab, re di Samaria. Acab disse a Nabot: «Cedimi la tua vigna; ne farò un orto, perché è confinante con la mia casa. Al suo posto ti darò una vigna migliore di quella, oppure, se preferisci, te la pagherò in denaro al prezzo che vale». Nabot rispose ad Acab: «Mi guardi il Signore dal cederti l’eredità dei miei padri». Acab se ne andò a casa amareggiato e sdegnato per le parole dettegli da Nabot di Izreèl…»… Entrò da lui la moglie Gezabele e gli domandò: «Perché mai il tuo animo è tanto amareggiato…?». Le rispose: «Perché ho detto a Nabot di Izreèl: “Cedimi la tua vigna per denaro, o, se preferisci, ti darò un’altra vigna” ed egli mi ha risposto: “Non cederò la mia vigna!”». Allora sua moglie Gezabele gli disse: «Tu eserciti così la potestà regale su Israele? Àlzati, mangia e il tuo cuore gioisca. Te la farò avere io la vigna di Nabot di Izreèl!». Ella scrisse lettere con il nome di Acab, le sigillò con il suo sigillo, quindi le spedì agli anziani e ai notabili della città… Nelle lettere scrisse: «Bandite un digiuno e fate sedere Nabot alla testa del popolo. Di fronte a lui fate sedere due uomini perversi, i quali l’accusino: “Hai maledetto Dio e il re!”. Quindi conducetelo fuori e lapidatelo ed egli muoia». Gli uomini della città di Nabot, gli anziani e i notabili che abitavano nella sua città, fecero come aveva ordinato loro… Bandirono un digiuno e fecero sedere Nabot alla testa del popolo. Giunsero i due uomini perversi, che si sedettero di fronte a lui. Costoro accusarono Nabot davanti al popolo affermando: «Nabot ha maledetto Dio e il re». Lo condussero fuori della città e lo lapidarono ed egli morì… Appena Gezabele sentì che Nabot era stato lapidato ed era morto, disse ad Acab: «Su, prendi possesso della vigna di Nabot di Izreèl, il quale ha rifiutato di dartela in cambio di denaro, perché Nabot non vive più, è morto»… Acab si alzò per scendere nella vigna di Nabot di Izreèl a prenderne possesso. Allora la parola del Signore fu rivolta a Elia il Tisbita: «Su, scendi incontro ad Acab, re d’Israele, che abita a Samaria… Poi parlerai a lui dicendo: “Così dice il Signore: Hai assassinato e ora usurpi!”. Gli dirai anche: “Così dice il Signore: Nel luogo ove lambirono il sangue di Nabot, i cani lambiranno anche il tuo sangue”».
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani (12, 9-18)
Fratelli, la carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità. Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi. Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti.
Lettura del Vangelo secondo Luca (16, 19-31)
Il Signore Gesù disse: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
Preghiere dei fedeli della Comunità di Santa Croce
Se non ascoltano Mosé e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti.
È duro il giudizio che Gesù attribuisce ad Abramo. La Chiesa ricordi che il Signore, nella sua vita terrena, ha aspramente combattuto una fede basata su gesti clamorosi, quando non superstiziosi, fini a se stessi. È la Parola di Gesù che la illumina e la fa vivere, grazie allo Spirito. Per questo ti preghiamo… Ascoltaci, Signore!
La tua grazia, Signore, accompagni la nostra Comunità nel seguire l’esortazione di Paolo, perché possiamo sperimentare fino in fondo il tuo amore e renderlo visibile intorno a noi nel territorio che abitiamo. Per questo ti preghiamo…Ascoltaci, Signore!
Non stimatevi sapienti da voi stessi.
Chi potrà mai dare un giudizio corretto su di sé? San Paolo ci spiega che la ‘saggezza’ è una virtù che deve trovare e vita nell’ambito di una comunità in cui far vivere le virtù del servizio e di una carità vissuta in prima persona. Per questo ti preghiamo… Ascoltaci, Signore!
Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti.
Signore, nemici della pace sono il desiderio del potere, le profonde disuguaglianze sociali, il disinteresse nei confronti di chi ne subisce le conseguenze. Coloro che governano, e coloro che sono in grado di influenzarne le scelte, comprendano che solo la ricerca sincera del vero bene comune è garanzia di una pace duratura. E ciascuno di noi ricordi che il proprio contributo alla pace nasce da una individuale responsabilità, personale e politica. Perché il tuo Spirito indichi a tutti la strada, ti preghiamo… Ascoltaci, Signore!