La visita dell’arcivescovo Mario Delpini: «Sono venuto per conoscervi»
Di Claudia, da Testata d'angolo di Dicembre 2017 - Abbiamo ormai capito il programma e, soprattutto, lo stile dell’arcivescovo Mario Delpini: svecchiare la nostra Chiesa, star vicino alla gente, invitare a una «santità quotidiana». E farlo con grande impegno. Ha subito detto di voler andare al Concilio Vaticano II. Traducendo: riconoscere un ruolo attivo ai laici e una vera corresponsabilità ai presbiteri, cioè aprire alla sinodalità, parola impegnativa che in greco significa «cammino comune, fatto insieme». Difatti, fra breve dovremo impegnarci nella revisione del Sinodo 47 (voluto dal cardinale Carlo Maria Martini), che regola la nostra vita ecclesiale ma pare superato in alcuni punti, come per la presenza ormai stabile fra noi delle sorelle e dei fratelli venuti da lontano. Sarà una consultazione che cercherà di dare voce a tutta la nostra Chiesa, a ogni livello, e proporrà lo stile sinodale anche a decanati e parrocchie.
Delpini ha sempre voluto essere, innanzitutto, un prete e un pastore vicino alle persone. Perciò non ci siamo meravigliati quando, appena entrato nella sua funzione, ha fatto il giro delle parrocchie e delle comunità pastorali milanesi, dedicando a ognuna una visita, breve ma significativa. Per Santa Croce è stata la sera del 18 ottobre.
L’Arcivescovo si è presentato con la sua consueta semplicità, sobrietà, cordialità, e la volontà di arrivare a tutti, di stringere tutte le mani possibili. «Sono venuto per conoscervi», ha detto, più o meno. Anzi, di più: per «stringere un’alleanza con voi», uno per uno, per dirvi che da soli non si va avanti, che dobbiamo essere solidali, sentirci parte di uno stesso popolo, ognuno con le sue differenze e capacità, un bene prezioso se messo al servizio della comunità. L’ha detto con il cuore, sul serio, il Vescovo, e noi l’abbiamo ben capito e l’abbiamo applaudito con forza per mostrargli che – sì! – eravamo disponibili a questa inaspettata e bellissima offerta di collaborazione, a questa «alleanza». Quando mai un arcivescovo ci aveva fatto una proposta del genere, e con questo stile poi? Per dare, nonostante tutto, una vita nuova, più luminosa e piena di speranza, alla nostra fede! Insieme abbiamo brevemente pregato Maria, cantato per Lei, e recitato il Padre Nostro della sua immaginetta, che ci ha invitato a preparare insieme al Vescovo il «Regno che viene». Solo così tutti possono essere raggiunti dalla speranza della Salvezza, con l’audacia e il coraggio di annunciare che «tutta la terra è piena della gloria di Dio», come recita proprio il motto di Delpini.
«Che cos’è la gloria di Dio?». Delpini l’ha detto nella prima celebrazione in Duomo, chiamando fratelli e sorelle anche «i fedeli delle altre Chiese cristiane, i figli di Israele, gli uomini e le donne che pregano Dio secondo la fede islamica e le altre tradizioni religiose, le autorità civili». Insomma, tutti. Sono pesanti i problemi quotidiani? Certamente! «Eppure io vi annuncio e testimonio che la terra è piena della gloria di Dio… e non c’è nessun luogo della terra, nessun tempo della storia, nessuna casa e strada dove non ci sia». Perché «la gloria di Dio è l’amore che si rivela, è l’amore che rende addirittura capaci di amare!». Questo è venuto a ripetere il Vescovo anche a noi «sua gente, pietre vive della chiesa»: «Vi prego: lasciatevi avvolgere dalla gloria di Dio, lasciatevi amare, trasfigurare dalla gloria di Dio per diventare capaci di amare». A questo è chiamata la «chiesa in uscita» di Francesco e di Mario, a questo siamo chiamati noi: qui e oggi. «Fratelli e sorelle?». Può esistere davvero una fraternità nel mondo di oggi? È solo la «gloria di Dio» che rende possibile questo «sogno», risponde Delpini: perché è il «sogno» di un Dio incarnato e morto per amore...
Autore: matteo
Autore ultima modifica: matteo
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Sezioni: Testata d'angolo | Notizie dalla Chiesa
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